Pubblicato il 22-12-2015 da Luca Balducci - ( 3485 letture )
Il terzo settore siciliano è a rischio fallimento: 3500 imprese, 20mila famiglie, 2600 disabili mentali, 8000 minori italiani e stranieri, 7500 anziani stanno infatti per essere investiti da quella che i vertici del settore cooperativo isolano hanno definito una vera e propria «bomba pronta ad esplodere per responsabilità della Regione Sicilia e di chi la governa».
Questi i fatti. Tra il 2007 e il 2013 sono arrivati in Sicilia le risorse del fondo sociale europeo (PO FSE 2007-2013), che come tutti i fondi viene erogato ai soggetti sociali a fronte di precise regole di rendicontazione. Queste regole erano contenute in un Vademecum del 23 giugno 2011 stilato dalla Regione Sicilia, che però è stato modificato a sorpresa poco fa, il 10 novembre 2015. «Una mossa che nessuno si aspettava», commenta la presidente di Federsolidarietà Giusi Palermo, «e che è arrivata a modificare quanto era vigente e noto da oltre quattro anni, per decisione unilaterale della Regione». Le vecchie regole erano queste: i beneficiari, quasi tutti enti non profit, hanno ricevuto solo 50% dei fondi attesi e hanno dovuto rendicontarli precisamente, condizione necessaria per ottenere un altro 30% del totale, mentre il restante 20% avrebbero dovuto anticiparlo loro. Peccato che il 30% non sia mai arrivato, e che ora – queste le nuove regole – i beneficiari debbano anticipare l’intero importo residuo (il 50% del totale, e non più il 20). «Somme relative a spese già realizzate da mesi o anni», continua Palermo, «e di cui ovviamente nessun ente non profit dispone né riesce a procurarsi, tantomeno in un mese».
Le conseguenze per chi non verserà le somme residue sono pesanti: i beneficiari che non riusciranno a trovare in poche settimane ulteriori risorse non potranno rendicontare; se non rendiconteranno perderanno tutto e dovranno restituire anche quanto hanno già percepito. «Cooperative e associazioni falliranno, i comuni andranno in default, le imprese che hanno lavorato per loro pure. È a rischio un pezzo importante, forse il migliore, dell’economia dell’Isola», sottolinea la presidente di Federsolidarietà, che aggiunge: «La soluzione non sta nel chiedere prestiti alle banche, che pure non sono più disposte a concedere prestiti e finanziamenti perché i crediti vantati nei confronti delle Pubbliche amministrazioni non sono un'adeguata garanzia, ma soprattutto», afferma con forza, «è la Regione che deve pagare quanto previsto!». Se i beneficiari non rendiconteranno, inoltre, la Regione, se da una parte dovrà richiedere ai soggetti di restituire il 50% già percepito, dall’altra dovrà restituire tutte le somme all’Unione Europea (oltre un miliardo e 200 milioni di euro), concretizzando il collasso generale del sistema. Sui reali motivi per cui la Regione Sicilia non liquida quanto dovuto – il famoso 30% - c'è chi avanza pesanti sospetti. A fronte di una giustificazione ufficiale che parla di mancate verifiche, dopo due o tre anni, delle rendicontazioni inviate dagli enti non profit, le centrali cooperative lasciano intendere in una nota di non escludere che le risorse che la Regione si è obbligata ad assicurare ai soggetti beneficiari, già versate dall’Unione Europea alla Regione, potrebbero «essere state nel frattempo utilizzate per far fronte alle spese correnti della Regione stessa. Il dubbio viene». «La soluzione è una sola», conclude Giusi Palermo. «la Regione trasferisca al più presto ai Comuni e alle imprese le quanto dovuto, chieda una proroga della data di scadenza per la rendicontazione dei fondi europei, dia ai beneficiari il tempo di completare la spesa grazie alle risorse doverosamente erogate e di rendicontare»
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