ANEP al convegno "Buone pratiche Educative e Riabilitative in Salute Mentale di Comunità"

Pubblicato il 18-06-2024 da ANEP Comunicazione - ( 415 letture )

 

Premessa

Ho partecipato al convegno su invito del CDN di ANEP ed è stata un’interessante occasione per incontrare altri e nuov* professionist* della riabilitazione.  L’evento era organizzato dall’impresa sociale Auxilium e dalla Coop.va Sociale ONLUS Questa Città con il patrocinio dell’ASL di Bari, dell’Università di Bari, della Regione Puglia, del TSRM e PSTRP, dell’Ordine degli/delle Psicologi/ghe della regione Puglia e delle/degli Assistenti Sociali e dalla Società Italiana di Psichiatria. La sede dell’iniziativa è stata l’Aula Magna del Policlinico di Bari.

La situazione dei servizi psichiatrici in Puglia è sostanzialmente simile al resto d’Italia: crasi delle risorse economiche, insufficiente personale riabilitativo (e non solo), difficoltà a far emergere - al di fuori della comunità ristretta dei/delle professionist* - le buone prassi che pur esistono. La spesa per i privati che si occupano di salute mentale è passata dai 152 milioni di euro del 2022 ai 170,8 milioni di euro del 2023, senza che nel frattempo sia variato il numero degli accreditamenti. L’aumento di spesa sembrerebbe particolarmente rilevante in alcuni territori, a partire da Bari.

Le CRAP (Comunità Riabilitative Assistenza Psichiatrica) sono vere e proprie comunità riabilitative (quasi totalmente affidate al privato sociale accreditato – così come le Case per la Vita -. Nei giorni precedenti il convegno ho chiesto al collega pugliese di fornirmi dei dati ma mi ha comunicato che non era un’operazione facile reperire i dati). Sulla carta sono previste in Puglia dieci Case per la Vita a media intensità assistenziale e 25 a bassa intensità (destinate ai pazienti con disturbi più lievi), ciascuna con 16 posti letto. Un sistema in cui i privati hanno un peso preponderante e in cui emerge un’enorme disorganizzazione anche a fronte di ritardi della Regione. La Puglia ha peraltro una caratteristica unica nel panorama italiano, ovvero la presenza dell’ex Don Uva di Bisceglie: l’ex istituto ortofrenico, ora rilevato da privati, che continua però a costare oltre 25 milioni di euro l’anno.

La spesa è fuori controllo e non è possibile istituire nuovi posti letto a carico delle casse pubbliche. È di norma vietato, ad esempio, ricoverare pazienti provenienti da altre Regioni (perché le disponibilità sono a un livello critico, ed è sempre problematico fare fronte alle necessità pugliesi), e d’altro canto i gravi ritardi esistenti in Puglia nella creazione delle REMS (le strutture che hanno sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziali: ne sono previste tre, ce ne sono due di cui una provvisoria) fa sì che spesso vengano utilizzati i posti disponibili nelle CRAP. Il risultato è che i Dipartimenti di Salute Mentale hanno difficoltà nell’avviare in comunità i pazienti, specie i più gravi, e spesso sono costretti a mandarli molto lontano da casa: questo crea dunque un carico ingiustificato sui reparti di psichiatria degli ospedali che, a loro volta, hanno difficoltà nella gestione dei casi urgenti.

Tutto questo con buona pace del concetto della territorializzazione delle cure (se ne parlava già nella legge n. 132 del 1968, la c.d. Legge Mariotti) e del continuum terapeutico!!!

Il rischio che vedo è la continua autoreferenzialità dei servizi e dei/delle professionist* che nei servizi lavorano.

La comunità educativa, secondo me, è chiamata a presidiare una migliore e maggiore erogazione di prestazioni territoriali sempre più rispondenti ai bisogni reali dei cittadini-pazienti coinvolgendo in primis le famiglie e tutta la rete dei servizi e/o associazioni presenti sul territorio.

È una sfida non solo prestazionale ma riveste un carattere politico-culturale soprattutto per le generazioni future: gli/le Educatori/trici Professionali possono – e devono – avere un ruolo centrale per l’implementazione di servizi sempre più rispettosi della libertà, della dignità e della non discriminazione.

 

SESSIONE MATTUTINA

Tutte le relazioni presentate in questa sessione sono state un buon punto di partenza per riflettere su diversi temi: il processo di recovery, il territorio, lo stigma e le buone prassi.

Le relazioni sono state presentate da un Educatore Professionale, da una psicologa referente SIRP, da un’Educatrice Professionale, da uno psichiatra e da un Educatore Professionale.

Come spesso accade durante i convegni, non c’è stato molto spazio per il confronto con il pubblico per discutere gli aspetti critici e/o come “socializzare” le differenti esperienze/progetti. Sono state presentate iniziative di buon livello e ricche di spunti. I partecipanti (oltre un centinaio) erano quasi tutt*professionist* della salute mentale. Erano però presenti anche alcuni rappresentanti delle associazioni di famigliari. Non erano presenti cittadini-pazienti né riuniti in associazione e né a titolo personale.

 

SESSIONE POMERIDIANA

Le relazioni di questa sessione avevano una valenza “culturale”: la didattica a cura di un Educatore Professionale, la scrittura scientifica a cura di un Educatore Professionale.
Sono stati presentati alcuni abstract (circa una decina tra quelli selezionati dal comitato scientifico; ne sono pervenuti un’ottantina circa) e molti di questi mi sono sembrati davvero interessanti e replicabili. Per poterli rendere usufruibili dai/dalle professionist* della comunità educativa è bene ricordare che i progetti devono essere ben scritti e articolati (obiettivi, costi, tempi, outcome, follow up) e questo aspetto – secondo me – è ancora un ambito che necessita di essere attenzionato da noi  E.P.
La tavola rotonda, che poteva essere un momento di dibattito con il pubblico, purtroppo è stata penalizzata dalla mancanza di un tempo adeguato: è stata avviata in ritardo rispetto all’orario previsto e i relatori – forse troppi – avevano a disposizione solo tre minuti. È anche vero che erano già le 17,30 e sia i partecipanti ( nel frattempo si erano ridotti) che i relatori probabilmente erano anche un po' stanchi: è stato un convegno intenso e ricco di spunti. Il mio breve intervento (compresi i saluti da parte del Presidente ANEP, del CDN e del CTS) si è focalizzato sulla necessità dello studio/ricerca, sul coinvolgimento delle famiglie nel percorso di cura e sulla territorializzazione.

 

CONCLUSIONI

Spero di aver attivato nuovi percorsi di collaborazione tra ANEP nazionale e ANEP sez. Puglia. L’uso di un linguaggio ampio – e non il maschile sovraesteso – andrebbe maggiormente valorizzato e soprattutto bisogna sforzarsi di coinvolgere i cittadini-pazienti perché, se parliamo di loro non possono essere esclusi.

Sono grato ad ANEP, nello specifico a Davide Ceron che mi ha contattato, di aver pensato a me per rappresentare l’associazione. È stata una buona occasione di confronto con collegh* che non avevo mai incontrato.

 

Carlo Scovino

 

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