Pubblicato il 28-01-2016 da Luca Balducci - ( 3745 letture )
L’Auditorium gremito, il presidente del Senato, Pietro Grasso, in prima fila. Accademici, artisti e numerose famiglie. Sono accorsi in tanti alla presentazione del primo corso sperimentale di teatro Integrato dell’Emozione. Presente anche la madrina del Teatro Patologico, Claudia Gerini. Terapia e ricerca scientifica convergono verso una nuova opportunità, che fa dell’Italia un paese precursore nel processo di integrazione dei disabili psichici. A beneficiarne non sono solo gli attori, ma – secondo il presidente del Senato – soprattutto gli spettatori, che molto spesso sono indifferenti a questa problematica. In uno scenario mondiale ancora segnato da soluzioni rovinose per i pazienti psichiatrici, il Teatro Patologico di Roma, ideato dall’attore e regista Dario D’Ambrosi, ha raggiunto un’importante vittoria portando la teatro-terapia al cospetto degli scienziati. Due anni di sperimentazione, finanziati dal MIUR, consentiranno ai ragazzi con disabilità mentale, tra i 20 e i 35 anni, in possesso di diploma di scuola secondaria di secondo grado, di accedere per la prima volta nella storia del mondo all’università. La data di inizio del corso è fissata per il 15 febbraio, quando i primi 20 studenti cominceranno le lezioni relative al mestiere teatrale presso il Teatro Patologico. Parteciperanno anche ad alcuni incontri nelle aule universitarie e usufruiranno di corsi più tecnici, che prevedono visite ai set cinematografici e ai teatri di maggiore rilievo. Al termine dei sei mesi previsti, seguirà uno spettacolo di chiusura ed anche i primi dati relativi alla ricerca che gli accademici di Tor Vergata elaboreranno in merito alla validità della teatro-terapia nella cura delle patologie psichiatriche. In accordo con le prerogative dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, il progetto si inserisce nella politica sostenibile perseguita dal rettore Novelli, che per l’occasione ha dichiarato di promuovere “idee nuove che favoriscano l’inclusione a 360°”: “Abbiamo una sensibilità verso queste problematiche e vogliamo dimostrare che è possibile accoglierle”. Se i risultati saranno positivi come auspicato, da questa esperienza nascerà un corso di laurea triennale a tutti gli effetti. Al momento si tratta di una sperimentazione che intende muoversi su due binari paralleli: la ricerca da un lato e la formazione dall’altro. L’obiettivo, infatti, è di favorire l’integrazione ed anche l’accesso al mondo del lavoro dei disabili psichici, per mezzo di profili qualificati. L’esperienza trentennale di Dario D’Ambrosi, che ha rivoluzionato l’approccio alla disabilità mentale portando nel mondo questa metodologia innovativa, ha già segnato in positivo il percorso di numerosi pazienti e delle loro famiglie. “Il palcoscenico è un posto magico. Qui non è possibile differenziare le patologie”, ha commentato entusiasta. Del resto, anche ieri sera sul palco dell’Auditorium non era possibile distinguerli: in scena con un estratto della Medea, i ragazzi del Teatro Patologico hanno dato prova di bravura. La disabilità non era percettibile. E questa grande conquista è possibile perché, come spiega D’Ambrosi, “il palcoscenico non giudica”. Il lavoro introspettivo realizzato permette a ciascuno di guardarsi allo specchio e di far emergere le proprie emozioni, anche quelle – come il pianto – che ad alcuni risultano ignote. “Se riusciamo ad accogliere la malattia mentale, siamo pronti a superare ogni tipo di diversità”. È questo il principio da cui deriva l’impegno dell’ideatore del progetto, che ha fatto del teatro una medicina miracolosa riconosciuta a livello mondiale. Il suo teatro d’avanguardia, considerato folle, borderline, ha posto le fondamenta per una rivoluzione conclamata: il 15 febbraio segna una nuova tappa nella storia della disabilità psichica. E l’Italia ne è la protagonista.
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