Toy like me

Pubblicato il 24-08-2015 da Luca Balducci - ( 1885 letture )

 

Se la rappresentazione della realtà che ci facciamo è frutto di quello che vediamo e che ci circonda, passando attraverso fondamentali processi di identificazione quando siamo bambini, comprendiamo quanto gli strumenti ludici ed educativi siano importanti nella creazione di una idea di differenza, varietà ed alterità. Partendo da questo presupposto,  soprattutto in tempi recenti si registra una apertura sempre maggiore alle tematiche della diversità nei prodotti culturali per bambini. Tra le tendenze recenti, ha preso slancio un movimento promosso da genitori di bambini con disabilità, che spinge affinché le aziende producano giocattoli nei quali la rappresentazione dei personaggi preveda qualche forma di disabilità. Col nome di “Toy like Me” (“Un giocattolo come me”), è stata quindi lanciata questa campagna che, divenuta rapidamente virale in rete, non è passata inosservata, tanto da portare l’azienda inglese Makies al lancio della prima linea di bambole con disabilità. Le bambole hanno apparecchi acustici, occhiali e stampelle, si muovono su una carrozzina o hanno imperfezioni. Per il resto, sono vestite alla moda e carine come le loro colleghe “normodotate”. Questo lancio è stato accolto con grande entusiasmo, testimoniato dalle buone vendite delle disabled dolls, mentre lo stesso non si può dire di Lego, che è stato oggetto di uno scivolone che ha attirato numerose critiche. Rispondendo all’appello per la creazione dei celebri omini nei quali sia contemplata la disabilità, la Lego ha infatti messo in commercio una nuova collezione di venti personaggi, tra i quali un omino anziano in carrozzina, spinto da un personaggio più giovane. Questa scelta, pur apprezzando lo sforzo dell’azienda, non è piaciuta ai promotori della campagna Toy Like me. Perché rappresentare solo la disabilità di una persona anziana , in un gioco destinato ai bambini? Se l’idea è quella di contribuire all’autostima dei piccoli con disabilità, può contribuire all’autostima di un piccolo in carrozzina “vedersi  rappresentato” come una anziano? Al di là delle polemiche sul metodo, non tutti sono peraltro d’accordo sull’utilità di questo tipo di rappresentazioni. Alcuni ravvedono in questa scelta il rischio, opposto agli intenti di inclusione, di provocare pietismo, o addirittura di ghettizzare.

                                                                                              

 

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