Pubblicato il 12-09-2015 da Luca Balducci - ( 1943 letture )
Di seguito un articolo apparso su doctor33 a firma di Renato Torlaschi sui rischi che corrono gli operatori tutti delle Dipendenze, tra i quali molti colleghi EP.
"«Il problema della sicurezza e protezione degli operatori dei SerT è risultato rilevante e da affrontare tempestivamente»: dopo oltre cento pagine di cifre, l'ultima Relazione annuale al Parlamento sulle dipendenze (2015) messa a punto dal Dipartimento delle politiche antidroga sottolinea alcuni degli aspetti problematici collegati al consumo di sostanze. Consumo che si conferma estremamente esteso in Italia: ha riguardato quasi quattro milioni di adulti tra i 15 e 64 anni che hanno fatto uso almeno una sostanza illegale nell'ultimo anno: circa il 10% del totale. La percentuale raddoppia tra i giovani tra i 15 e i 34 anni e si differenzia nettamente per genere (maschi 12,5%; femmine 7,1%). La sostanza più consumata è stata la cannabis (due milioni e mezzo di giovani adulti), in aumento dopo qualche anno di calo. Segue la cocaina, provata almeno una volta nella vita da tre milioni di italiani e da 430 mila nell'ultimo anno (in diminuzione rispetto agli scorsi anni). Anche se più ridotto, il consumo di stimolanti (amfetamine, ecstasy, MDMA) e di allucinogeni (Lsd) ha comunque riguardato almeno una volta circa un milione e mezzo di italiani. Il giro d'affari complessivo supera i 23 miliardi di euro e aggiunge ai problemi sanitari anche quelli legati alla criminalità organizzata. Ma, come si diceva, il rapporto evidenza anche le criticità legate alla sicurezza e protezione degli operatori e dei pazienti nei SerT, a cui il Dipartimento delle politiche antidroga ha dedicato un'indagine conoscitiva. Dei 478 SerT esaminati, il 44,1% ha avuto episodi di violenza fisica diretti agli operatori sanitari e alle infrastrutture negli ultimi 12 mesi, mentre l'82% dei servizi ha misure di protezione basse o totalmente assenti. «Si impone una rivalutazione degli assetti di sicurezza - si legge nel documento - per evitare e prevenire quanto più possibile non solo episodi estremi di violenza fisica o psicologica, ma anche il distress professionale derivante dal lavorare costantemente in una condizione percepita come a bassa protezione». "
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